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Biografia di Don Stefano Ferreri

Don Stefano Ferreri, nacque l’8 aprile 1876 a Bastia Mondovì. Divenne alunno delle Scuole Apostoliche del Santuario diocesano “Regina Montis Regalis”.

Continuò gli studi nel Collegio Brignole Sale Negroni per le Missioni estere e venne consacrato sacerdote a Genova il 18 giugno 1899.

Il 15 febbraio 1902 la Sacra Congregazione di Propaganda Fide di Roma annunciò a Don Ferreri che poteva partire per la Svizzera: missionario tra gli emigrati italiani.

Passarono appena tre anni ed il clima umido e freddo della città di Basilea incominciò ad influire negativamente sulla sua salute e i superiori furono costretti a rimandarlo in Italia dove la sua opera di sacerdote ebbe inizio a Ceva presso l’Orfanotrofio De Rossi.

In seguito si dedicò all’opera di predicazione delle missioni al popolo in Diocesi. In particolare fu confessore e padre spirituale nel Seminario.

Il giorno di Pentecoste dell’anno 1920, fece il suo ingresso nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Fiamenga come padre e pastore.

Qui, durante il suo ministero apostolico, nella preghiera, accolse l’ispirazione di dar vita ad una Famiglia Religiosa femminile, di vita attiva e contemplativa, ispirata alla famiglia evangelica di Betania.

L’Opera iniziò a Fiamenga nel 1931, ed ebbe come Cofondatrice e madre Germana Resch che il Signore aveva messo provvidenzialmente sul cammino di don Stefano durante la sua permanenza in Svizzera. Germana morì dopo appena tre anni dall’inizio, quando la Comunità, incoraggiata da Mons. Ressia, vescovo di Mondovì, era formata da appena cinque sorelle.

Le condizioni di salute del Fondatore non tardarono a peggiorare. Nel 1946 don Stefano Ferreri con piena adesione alla divina volontà, affidò la Piccola Betania alle mani di Dio ed entrò nella vita eterna.

Solo nel 1958 la Piccola Betania compì il passaggio da Pia Società a Congregazione Religiosa, ottenendo da Roma l’approvazione dalla Sacra Congregazione dei Religiosi.

Don Ferreri aveva desiderato spendere la vita in terre lontane, in imprese ardue, ma quando gli venne assegnato come campo di lavoro la Svizzera, fu pronto all’obbedienza.

Costretto a lasciare anche la Svizzera e a ritornare in Italia, continuò ad essere missionario scoprendo sempre più che tutto il mondo è terra di missione.

Egli era convinto che occorre portare incessantemente la luce di Dio in ogni ambiente, in ogni occasione, ad ogni fratello.

Con questo zelo svolgerà la sua missione sacerdotale ed in particolare, quando gli sarà affidata la Comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo a Fiamenga, comunità rurale, operosa, ma alquanto sparsa in un territorio ampio e distante dalla Chiesa.

  • Amare i fratelli, attingendo al Cuore di Cristo, continuerà ad essere l’unico suo metodo per invitare ed accompagnare ognuno nella via della salvezza. Egli sapeva benissimo che nessuno risponde all’invito se non è sollecitato dalla forza dell’amore.
  • Sull’esempio di Gesù buono e misericordioso ebbe per ognuno compassione e amore senza misura. Le gioie e le sofferenze altrui destavano il suo più vivo interesse, la sua presenza ravvivava la fede, donava serenità e, anche i meno credenti, affermavano: “è un vero sacerdote”.
  • Raccomandava nel modo più accorato l’istruzione catechistica che riteneva indispensabile per vivere nella verità e nell’amore.
  • Avvicinava tutti, sapeva pure far sentire la sua cordialità con delicato umorismo mettendo ognuno a proprio agio.

Ricco d’iniziative, amava i giovani ed aveva per loro particolare attenzione. Allestiva occasioni interessanti per stare insieme e crescere nell’amicizia mettendo a frutto anche il suo talento di musicista abile e raffinato e compositore, non solo per la liturgia, ma anche per inventare recite da palcoscenico offrendo ai giovani la possibilità di esprimersi e agli spettatori momenti di svago capaci di elevare lo spirito.

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